La lezione dell’economista Enrico Moretti al Festival di Trento sull’economia
Scrivo dal Festival dell’Economia di Trento. Zaino in spalla, insieme ad amici, dopo ben 8 anni sono tornato alla kermesse che mi aveva molto stupito la prima volta.
Arrivati poco prima dell’evento inaugurale, abbiamo il tempo per ambientarci con pranzo leggero, una pinta e uno strano tortello fatto di patate schiacciate. Una bomba. Alle 15.30 prendiamo posto al Teatro Sociale e ascoltiamo Tito Boeri che intervista Enrico Moretti, giovane economista italiano che insegna a Berkeley, all’Università della California autore di un saggio, divenuto presto oggetto di culto, intitolato “La nuova geografia del lavoro”. È lui il primo speaker ed è lui che detta un la linea del festival e degli approfondimenti successivi che ruotano attorno al tema: i luoghi della crescita.
Enrico Moretti ha mostrato i dati che testimoniano come e dove cresce la ricchezza e il parallelo con l’Italia che rivela evidenti ritardi rispetto ai paesi che corrono di più. Ma per questo non c’era bisogno di andare a Trento, ce ne accorgiamo anche seduti davanti ad un pc. Il punto interessante che illustra in modo chiaro Moretti è legato al ruolo delle città e del capitale umano (quindi i lavoratori) nella nuova appunto geografia del lavoro. In poche parole, anche in molti degli interventi successivi, il filo conduttore dell’intero festival è il legame forte tra sviluppo urbano, e quindi un sempre più importante ruolo delle città, e lo sviluppo del nuovo capitale umano quindi del lavoratore, che si trova in una competizione globale, si deve formare continuamente, deve adattarsi ed evolvere. Ma soprattutto si muove.
C’è una forte competizione tra aziende, soprattutto in quelle che operano nell’high tech, nella ricerca di talenti, persone che pensano fuori dagli schemi, creativi, ingegneri, cercando di rubargli anche alle altre aziende.
In Italia questo sembra utopia, però è anche vero che non necessariamente tutte le città hanno la vocazione e le potenzialità, dettate anche da un sistema culturale e di regole totalmente diverse, di diventare i cd “Brian Hub” (ovvero snodi di menti) come lo sono diventate Seattle o Austin. Tuttavia dallo sviluppo che hanno avuto alcune città nel mondo che hanno investito nell’attrarre talenti, creativi e supportato aziende legate a processi di innovazione, quindi con alto tasso di fallimento ma anche alte marginalità, possiamo e dobbiamo imparare la lezione: investire nelle persone, nella loro formazione e dare loro la possibilità di esprimersi lavorativamente e creativamente. E le città che riusciranno a investire fortemente in capitale umano avranno la possibilità di crescere e di diventare snodi culturali, creativi e sempre in cerca di innovazione. Invece oggi la fotografia che ci lascia Moretti dell’Italia è questa: troppe lauree in campi improduttivi. Poca formazione nelle aziende. Un’immigrazione che funziona al contrario, con i “cervelli” che escono e una forza lavoro che arriva non qualificata. Un mercato dei capitali vecchio e senza esperti in venture capital. L’accoppiata di corruzione e giustizia civile lenta. Ci sarebbe anche un mercato del lavoro troppo rigido, ma in questo campo Moretti vede progressi importanti con il Jobs Act.
Insomma, durante il festiva si sono susseguiti tanti interventi, vi ho segnalato questo perché ripreso anche in alcuni vecchie puntate e analizzato anche in parte nel mio libro.
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